Un motivo in più
per sostare ad Acaya
L’antico borgo di Segine, a circa 10 Km dal capoluogo salentino e 3 Km dalla marina di San Cataldo, è attualmente l’unico esempio esistente, nell’Italia del Sud, di città fortificata con specifiche caratteristiche sotto gli aspetti militare, storico e umano.
Fortezza inespugnabile nella sua emergenza difensiva alla maniera degli antichi castrum romani, è stata riscritta perseguendo quel modello di città ideale di matrice rinascimentale e rinominata Acaya dal demiurgo dell’architettura difensiva, Gian Giacomo dell’Acaya, barone del borgo e regio architetto militare di Carlo V.
Ad Acaya, con le sue mura solitarie e silenziose, il tempo degli orologi si ferma a lasciare spazio al tempo della Storia e della Memoria di un potere feudale, di una colta aristocrazia salentina, di armigeri e di assediati e soprattutto di una comunità dignitosamente laboriosa e radicata ad una terra fertile, produttiva e creativa.
Crocevia di percorsi da e verso l’oriente, presenza vigorosa all’interno del Mediterraneo, oggi più che mai è segno tangibile di quel rapporto dell’uomo con il mondo <<…luogo di incontro, di dialogo, di confronto, per costruire, nella diversità, la pace…>> (Mario Mangione – l’allora sindaco di Vernole – Teatro Politeama Greco di Lecce, 27 novembre 2008); Acaya sede permanente del Forum per la Pace nel Mediterraneo – 2008.
Una sosta nella piccola e graziosa Acaya, lontana dai frastuoni della città, rigenera il turista con la quiete che aleggia tra le sue stradine, in un tessuto edilizio di impianto urbanistico ortogonale, la cui denominazione indica antiche attività agricole, industriali e istituzionali;
tra tutte si segnala Via Aparo, 2 con portale del ‘500 e la presenza di un apiario; Via Trappeto per la presenza di un frantoio; Via Corte dove, probabilmente, si amministrava la giustizia. Una sosta, tra le mura immote e avvolgenti di Acaya, ristora l’ospite invitandolo a gustare i piatti di una tradizione gastronomica rimasta saldamente ancorata al mondo contadino, peculiare per i sapori forti, sinceri, ammalianti.
CURIOSITÀ
la cittadina vanta una tradizione ultrasecolare nell’utilizzo “te li pampasciuni” (cipollotti/bulbi selvatici, dal colore violaceo e dal sapore amarognolo) come alimento nella cucina domestica. La raccolta abbondante ed il diffuso consumo erano tali che la popolazione ritenne opportuno istituire un giorno di festa che ricordasse questo alimento. Diverse sono le leggende, tramandate oralmente, sull’origine della ricorrenza fissata al primo venerdì di marzo e che, ai festeggiamenti civili e religiosi in onore della Madonna Addolorata ribattezzata “Matonna te li pampasciuni”, ha visto aggiungersi, negli anni, la fiera-mercato, la sagra e la gara gastronomica di ricette a base, appunto, di Pampasciuni.